La drammatica crisi sanitaria e sociale che attraversiamo ormai da quasi un anno sta facendo emergere in tutta la loro forza questioni fondamentali per chiunque, ma che la routine e il ritmo frenetico della vita quotidiana, a cui eravamo ormai abituati in Occidente, tendeva ormai a farci dimenticare. Dinanzi agli eventi ineluttabili della malattia e della morte, come si salva l’essere umano? E che cos’è davvero la salvezza? Come la si raggiunge? Chi è colui che ci salva? E i diritti della vita dello spirito sono forse in contrasto con quelli del corpo? Che cosa possiamo riscoprire attraverso la lettura e la conoscenza meditata di quell’immenso tesoro spirituale che ci viene dal mondo mediterraneo antico, e in particolare dalla Parola contenuta nel Nuovo Testamento e negli scritti dei Padri della Chiesa?

Il nuovo volume La salvezza. Relazioni fra pagani e cristiani nella tarda antichità, a cura di Vincenzo Lombino e Arianna Rotondo (collana Ho Theologos), Roma, Città Nuova, 2020, costituisce un’opera di straordinario interesse per tutti coloro che si interrogano su queste e altre decisive questioni. Per una presentazione dell’opera, lasciamo qui la parola alla prof. Arianna Rotondo, che insegna Storia del Cristianesimo all’Università di Catania.

La Salvezza. Relazioni fra pagani e cristiani nella tarda antichità – Ho Theologos

Un nuovo volume sul tema della salvezza nell’antichità

La salvezza è un tema di fondamentale importanza negli scritti cristiani dei primi secoli; eppure nessuno dei teologi della Chiesa antica ha dedicato ad esso una specifica trattazione. Resta il fatto che la salvezza è una questione che ritorna costantemente nel corso dei secoli, confermandosi un tema battuto anche nel dibattito teologico attuale, come dimostrano i convegni organizzati dall’Associazione Teologica Italiana, che nel tempo ha dato spazio alla comparazione del tema salvifico nelle varie religioni fino al confronto della visione cristiana della salvezza con le ideologie forti della società moderna. Nell’ambito degli studi patristici alcuni volumi importanti sono stati pubblicati sull’argomento, anche di recente, concentrando la riflessione sia sul quid della salvezza nei Padri della Chiesa sia sui modelli soteriologici da loro adottati (la salvezza come liberazione dal peccato, come vittoria sul male e come divinizzazione). Ricordiamo pure l’incontro annuale di studi patristici del 2005, che l’Istituto Patristico “Augustinianum” di Roma ha dedicato proprio al tema della salvezza, secondo la duplice prospettiva pagana e cristiana (gli atti del Convegno sono poi apparsi in un poderoso volume nel 2006).

Il volume che oggi presento tiene conto di questo percorso storiografico e dei suoi risultati migliori e vuol essere un’opera che intende aggiungere alla riflessione su un tema così complesso nella patristica anche le preziose acquisizioni che vengono dagli studi sulla tarda antichità. Mi riferisco all’ormai superata visione conflittuale dei rapporti fra gruppi, pagani e cristiani nel nostro caso, nella società tardoantica, a favore di una prospettiva più fluida e dinamica che ci permette di parlare più propriamente di relazioni. Premesso ciò, la domanda di ricerca che ha sollecitato gli studiosi coinvolti in questo lavoro collettaneo riguarda la possibilità di verificare se nell’antichità la questione della salvezza abbia rappresentato, e in che termini, un terreno di confronto fra pagani e cristiani tale da prevedere anche convergenze.

Il concetto di ‘salvezza’ nel Nuovo Testamento e negli scritti dei Padri apostolici

Claudio Moreschini avvia autorevolmente questo percorso, offrendo un’ampia panoramica sui significati che il concetto di ‘salvezza’ ha assunto nel Nuovo Testamento e negli scritti dei padri apostolici, in discontinuità con la tradizione giudaica e con quella greca e dei culti misterici. La salvezza riguarda l’intimo rapporto dell’uomo con Dio ed è proiettata in una dimensione futura. Il kerygma cristiano conosce presto una dottrina sulla salvezza, caratterizzata da correnti di pensiero discordi. La questione centrale riguarda la possibilità di congiungere o disgiungere la salvezza dell’anima da quella del corpo. Se Tertulliano difende la salvezza del corpo, riscattando l’intrinseca dignità della carne, Giustino e Taziano in Oriente e Arnobio in Occidente si pongono sul versante opposto, sostenendo la dissoluzione dell’anima non meritevole di salvezza. Moreschini mostra quanto la rivelazione di Ermete Trismegisto fosse, fra le correnti filosofico-religiose, la più vicina al cristianesimo nell’immaginare la salvezza e la dannazione sia per l’anima sia per il corpo dell’uomo, al punto da essere considerata un’anticipazione della rivelazione divina.

La soteriologia medica di Eusebio di Cesarea

Da questa grande panoramica lo sguardo passa poi ad autori e questioni di speciale interesse. Vincenzo Lombino propone uno studio sulla soteriologia medica di Eusebio di Cesarea, rappresentativa di un’epoca di transizione. Attraverso il trattamento della metafora di Cristo medico, Eusebio testimonia quanto la soteriologia rappresenti un focus importante della teologia patristica. Il saggio di Lombino offre un repertorio di testi relativi non solo alla metafora di Cristo medico, ma anche a quella di Cristo balsamo. Ancora la simbolica patristica connessa al tema della salvezza viene chiamata in causa nel contributo di Calogero Cerami, che attraverso la tabula naufragii ricorrente nell’Odissea di Omero, ricostruisce il percorso letterario dell’immagine della nave della chiesa costruita col legno della croce. Gerolamo, in particolare, nelle sue lettere evoca questa immagine e riferendosi al tema del naufragio non può non ricorrere al modello classico delle avventure di Odisseo. Cerami offre uno spaccato della storia letteraria della tabula, grazie a copiosi richiami omerici che rappresentano il modello classico seguito da Gerolamo in molte sue lettere e in particolare nell’Apologia contro Rufino, dove parla del suo viaggio da Roma a Betlemme.

La venuta ‘recente’ del Salvatore: un corposo dossier ripercorre le obiezioni pagane e le risposte cristiane  

Una delle obiezioni che oppose cristiani e pagani, tra II e V secolo, riguardava il tempo dell’incarnazione di Cristo Salvatore ed era sintetizzata dalla formula cum tam sero? La permanenza di Cristo sulla terra è reputata dai pagani un evento troppo recente rispetto alla totalità della storia umana e tardivo rispetto alla universalità riconosciutagli dalle Scritture cristiane. L’obiezione compare già nell’Epistola a Diogneto ed è sfruttata dagli avversari del cristianesimo come Celso, Porfirio e Giuliano, i cui argomenti sono registrati dalle fonti cristiane. Emanuele Di Santo,proponendo un corposo dossier di testi di Origene, Arnobio, Eusebio di Cesarea, Ambrosiaster, Girolamo, Agostino e altri ancora, offre una rigorosa ricostruzione di questo dibattito, contemplando anche le risposte da parte cristiana a questa obiezione, dietro la quale si giocava la difficile questione della universalità della salvezza e delle sue modalità di attuazione.

Il tema della salvezza di Cristo nel corpus macarianum e in alcuni testi del IV secolo

Il saggio di Francesco Aleo ci consente di cambiare scenario e di portarci in ambito monastico, grazie al Corpus macarianum attribuito allo Pseudo Macario Egizio, ignoto monaco, che medita il dato della salvezza di Cristo proponendolo come “direzione spirituale”. Obiettivo dell’anziano è disciplinare e unificare i pensieri del singolo asceta verso lo scopo ultimo che è realizzare l’inabitazione personale dello Spirito Santo nell’anima. In questa visione la salvezzadi Cristo è una mèta che compare sempre alla fine di un cammino, ma né il battesimo, né la Scrittura, né l’assenza di passioni conducono ad essa, solo la speranza di essere salvati da Dio Padre per mezzo della passione, morte e risurrezione del Figlio.

Ritorna ad un confronto fra spiritualità tardoantica pagana e cristiana Rosario Pollina, che mostra un sostrato comune di concezioni, seppur variamente declinate, attraverso la lettura parallela dell’Epistula ad Marcellam di Porfirio e Sulla lettera Omega dell’alchimista Zosimo di Panopoli. Entrambi i testi del IV secolo d.C. contengono una proposta di salvezza: concorrente al cristianesimo quella del neoplatonico Porfirio, suggestionata dal docetismo, dallo gnosticismo e dall’ermetismo quella dello scolarca Zosimo. Una convergenza si evidenzia invece nella comune condanna dell’ateismo e dell’empietà.

Agostino e la soteriologia

Non poteva certamente mancare uno sguardo ad Agostino e alla sua soteriologia. Vittorino Grossi ci conduce in questo percorso, cominciando col tema delle passiones e della redenzione tramite una rilettura del libro XIV del De civitate Dei. La passione come costume disordinato è un vizio che si annida nella volontà e per tale motivo è sanabile. Se la volontà rende l’uomo degno di salvezza o di dannazione, tuttavia solo la grazia di Cristo può sanare la volontà umana. Il tema della salus è trattato ricorrendo invece alle ultime spiegazioni agostiniane su 1 Tm 2,4 («Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi»). Completa questo quadro un approfondimento sulla terminologia di Agostino sul libero arbitrio e la voluntas, sulla concezione di salvezza universale e sulla connessione tra soteriologia e antropologia agostiniane.

Salus e salutaris nel Codice Teodosiano

Il percorso continua spostandosi sul piano giuridico, grazie ad Angelo Di Berardino che prende in considerazione due aspetti connessi al problema “salvezza” nel Codice Teodosiano: il lessico salvifico presente nel Codice, attraverso una ricognizione dei termini salus e salutaris con l’indicazione di alcune leggi importanti; e il tempo, inteso come spazio temporale regolato dal legislatore. Una certa visione cristiana della salvezza emerge da molti passaggi del Codice, ma soprattutto dalla creazione e dal significato delle provinciae salutares, che attestano come la politica imperiale attingesse alla fonte della teologia cristiana della salvezza. Ma è pur vero che per i cristiani la salvezza si realizza nel tempo. La legislazione teodosiana registra una serie di provvedimenti nell’organizzazione del tempo pubblico a favore della vita liturgica ed etica dei cristiani, perché il cittadino dell’impero possa godere meglio dei mezzi salvifici approntati nella e dalla Chiesa. Da questa ricostruzione emerge la volontà imperiale, nel IV secolo, di aiutare fattivamente i cristiani a vivere la loro fede in vista della salvezza.

Commenti patristici all’Ecclesiaste

Chiude il volume il saggio di Françoise Vinel, che partendo dal rinnovato interesse per il libro dell’Ecclesiaste, mostra come la rilettura patristica di questo testo, e più in generale della trilogia salomonica (Proverbi, Ecclesiaste, Cantico), ne abbia rivelato un interesse soteriologico molto importante, considerandolo come una tappa decisiva dell’annuncio di salvezza e del modo in cui prepararsi ad essa. La studiosa propone un dossier di commenti patristici all’Ecclesiaste che fa emergere quanto, nel IV secolo soprattutto, i libri sapienziali rappresentassero un ponte, un’occasione di dialogo con la cultura profana e le sue rappresentazioni del mondo. Un approfondimento sull’esegesi monastica dell’Ecclesiaste, ricorrendo alle interpretazioni di Evagrio Pontico, mostra la convinzione che la vita “gnostica” è l’unica via di salvezza, cioè la vita del monaco trova la sua gioia salutare in una rottura radicale con la vita del mondo.


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