La vita di Giovanni detto Crisostomo
San Giovanni Crisostomo è stato uno tra i più grandi e fecondi Padri della Chiesa greca, autore di numerosissime opere ascetiche ed esegetiche.
Nacque in Siria, ad Antiochia, attorno alla metà del IV secolo: la città era allora una delle più splendide, colte e ricche dell’Oriente greco, in cui retaggi pagani e attrattive mondane contrastavano ancora col sempre crescente fervore cristiano. La famiglia era benestante: il padre, di nome Secondo, era un alto ufficiale militare, che tuttavia morì poco dopo la nascita del figlio: perciò Giovanni si trovò a vivere gli anni della giovinezza assieme alla madre, Antusa, donna di grande fede, che si premurò che il figlio avesse la migliore educazione possibile. Fu così che frequentò le migliori scuole di retorica della sua città e molto probabilmente fu allievo del celebre retore pagano Libanio.
Ben presto, tuttavia, insoddisfatto di questa cultura ritenuta vuota e inconsistente, si avvicinò alla comunità ascetica di Diodoro di Tarso, che prevedeva pratiche di penitenza e lettura e meditazione della Bibbia, anche se non richiedeva un impegno definitivo per la vita monastica. Al contempo, la sua preparazione e cultura, nonché il rigore morale, vennero notati da Melezio, vescovo della città, con cui entrò in stretta amicizia. Dopo la morte della madre, tuttavia, tentò di dare una svolta più radicale alla sua vita, ritirandosi a vita eremitica sulle montagne vicine ad Antiochia: iniziò a praticare digiuni e veglie rigorose e si dedicò allo studio approfondito della Scrittura.
Ma questa vita troppo austera minò la sua salute e dopo due anni fu costretto a ritornare in città: qui, nel 382, venne ordinato diacono da Melezio e poi, nel 386, presbitero da Flaviano, successore di Melezio. Da questo momento, per dodici anni, predicò nelle principali chiese di Antiochia, suscitando grande entusiasmo di pubblico e acquisendo fama di straordinario oratore sacro. In virtù di questa, nel 397 fu chiamato dall’imperatore Arcadio a ricoprire il ruolo di vescovo di Costantinopoli, dove si insediò nell’anno successivo. In tale veste continuò la predicazione e l’attività pastorale e benefica. Tuttavia il suo carattere onesto e moralmente inflessibile gli alienò ben presto il favore dei cortigiani e in particolar modo dell’imperatrice Eudossia. Grazie agli intrighi di questa e di Teofilo, vescovo di Alessandria, nel 403 fu deposto durante il cosiddetto sinodo della Quercia e allontanato, ma subito richiamato a causa di una scossa di terremoto che aveva spaventato l’imperatrice. Tuttavia gli screzi si rinnovarono l’anno successivo e lo portarono al definitivo esilio prima a Cucuso, in Armenia, e poi a Pityus nel Caucaso: morì nel viaggio intrapreso per raggiungere quest’ultima località, a Comana nel Ponto, il 14 settembre del 407.
Giovanni Crisostomo tra i grandi Padri della Chiesa
Successivamente Teodosio II, figlio di Arcadio, nel 438 ne riabilitò la memoria e ne traslò trionfalmente le spoglie a Costantinopoli. Il suo nome, nobilitato dall’impegno profuso in vita a favore dei poveri e accompagnato dalla fama del martirio per le angherie subite, divenne in Oriente tra i più venerati. Ciò, tra l’altro, rende ragione del fatto che siano giunti in greco testi pseudepigrafi in quantità impressionante: ricoverarli sotto la sua autorità veneranda era il modo migliore per autori sconosciuti per dare sopravvivenza ai propri testi. D’altro canto, la deferenza che come patriarca di Costantinopoli aveva dimostrato verso il vescovo di Roma, nella persona di Innocenzo I, consolidò la sua fama anche nella Chiesa latina, al punto che nella Basilica Vaticana, dove si trovano attualmente le sue reliquie, la cattedra di San Pietro del Bernini è sorretta dalle statue di quattro Dottori della Chiesa: sant’Agostino, sant’Ambrogio, sant’Atanasio e, appunto, san Giovanni Crisostomo.
Le opere di Crisostomo
I testi lasciati da san Giovanni Crisostomo sono molto numerosi e di notevole ampiezza, paragonabili solo, nell’ambito della patristica e per la loro mole, a quelli di sant’Agostino. Il Crisostomo, tuttavia, fu solo in scarsa misura una mente speculativa, perché votato soprattutto alla predicazione morale e alla parenesi. Non tutte le sue opere, però, sono omiletiche. Negli anni giovanili e fino all’epoca del sacerdozio compose infatti un buon numero di opuscoli ascetici in difesa del monachesimo e dell’ascesi. Il confronto tra il re e il monaco, che è probabilmente la sua prima opera, sviluppa il paradosso della superiorità del secondo sul primo, così come destinato alla difesa del monachesimo è il trattato in tre libri Contro gli oppositori della vita monastica. L’opuscolo A Teodoro è volto a scongiurare la crisi vocazionale di un amico del Nostro, forse da identificare con Teodoro di Mopsuestia. Spiccano poi i due libri A Demetrio e a Stelechio sulla compunzione e i tre A Stagirio tormentato da un demone, sul dolore umano e sulla felicità. Ma forse il testo più famoso è costituito dal dialogo Sul sacerdozio, che ebbe immediata fama e vasta diffusione e fu letto anche da Girolamo: un classico e completo trattato sulla santità, dignità e responsabilità dell’ordinazione presbiteriale.
Altre opere morali del periodo giovanile sono il trattato La verginità, nonché le esortazioni Ad una giovane vedova e Sul non ripetere le nozze, volte a sconsigliare le seconde nozze. Due opuscoli sono poi dedicati a combattere il fenomeno delle subintroductae, cioè la convivenza di donne con asceti maschi.
La prodigiosa produzione omiletica e l’epistolario di Crisostomo
Al periodo del sacerdozio sono da ricondurre le Catechesi battesimali (in parte scoperte attorno alla metà del XIX secolo) nonché molte altre serie di omelie, che proseguono per tutto il periodo dell’episcopato costantinopolitano. Considerando nel complesso tale produzione omiletica, si evidenzia innanzi tutto la costante attività di esegesi biblica che il Crisostomo portò avanti per tutti gli anni del suo ministero. Ci sono giunte pertanto cospicue serie sulla Genesi, sui Salmi, sul Vangelo di Matteo e di Giovanni, sugli Atti degli Apostoli e su tutte le Lettere paoline, nonché molte altre su singoli passi scritturistici o singole figure bibliche, mentre i testi esegetici non omiletici sono piuttosto limitati: si può citare il Commento a Giobbe, il Commento ai Proverbi e l’incompiuto Commento a Isaia. Altre serie omiletiche sono di contenuto più specificamente teologico contro l’arianesimo anomeo: Sull’incomprensibilità di Dio e Sull’uguaglianza del Padre e del Figlio. Altre omelie ancora riguardano feste liturgiche, panegirici di santi (famosi quelli su san Paolo), questioni morali come l’elemosina e la penitenza e persino spinose questioni di attualità: in tal senso sono celebri le omelie Sulle statue e quelle Per Eutropio. Le prime traggono origine da una sommossa contro l’imperatore Teodosio, che aveva portato all’abbattimento di alcune sue statue collocate ad Antiochia; le seconde sono correlate alla caduta in disgrazia del potente ministro Eutropio, a Costantinopoli.
Agli ultimi anni della vita, quando Giovanni era già in esilio, risalgono l’epistolario, all’interno del quale spicca il gruppo di lettere inviate alla diaconessa Olimpiade, nonché due opuscoli in cui l’autore s’interroga sul senso del dolore e sulla sopportazione del male e che possono essere considerati il suo testamento spirituale: Nessuno subisce offesa se non da se stesso e Lo scandalo del male (o Sulla Provvidenza).
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