La collana “Nuovi Testi Patristici” di Città Nuova ospiterà, nelle prossime settimane, la prima edizione con traduzione e commento in lingua italiana delle Omelie contro i Pauliciani di Pietro Siculo. In questo primo post si presenta al lettore un breve profilo dell’autore e del contesto entro il quale è tradizionalmente collocata la redazione della sua opera.

 

Un viaggio ai confini dell’Impero d’Oriente

Costantinopoli, anno 869 durante il regno dell’imperatore Basilio I il Macedone (867-886). Un monaco lascia la capitale per intraprendere un viaggio di circa nove mesi che lo avrebbe condotto nel cuore dell’Asia Minore sino a Tefriche (l’attuale Divriği). Una cittadella fortificata al confine tra Impero Romano d’Oriente e il Califfato Abbaside, posta sulle montagne nordorientali della Cappadocia e affacciata su di una stretta valle. Un paesaggio brullo, composto da alture rocciose dalle varie tonalità di ocra ma colorato dal verde dei campi e dei frutteti lì dove scorreva il Teleboas, un piccolo fiume che anticipa il più solenne corso dell’Eufrate procedendo verso Oriente. È una terra di confine, contesa e rivendicata. Qui il Cristianesimo orientale di Bisanzio incontra l’Islam, con esiti non sempre pacifici, e trovano spesso rifugio gruppi religiosi cristiani minoritari ed eterodossi. Ma il passare degli eserciti e la guerriglia stagionale tra i due imperi non impedirono alla popolazione locale di trovare una sorta di equilibrio seguendo i ritmi naturali della regione e anche le sue peculiarità religiose, tanto che alcuni luoghi sacri appaiono condivisi tra cristiani e musulmani.

Pietro Siculo: una biografia tra dubbi e ipotesi

Il monaco che si avventura in queste contrade è Pietro Siculo, un nome significativo nella letteratura bizantina pur se non tra i più illustri, ma non ha intrapreso questo viaggio di propria volontà bensì eseguendo un ordine dell’imperatore Basilio. La sua, infatti, è una missione diplomatica finalizzata alla liberazione di prigionieri bizantini tenuti ai ceppi proprio dagli abitanti di Tefriche. Di quel viaggio egli redige una relazione il cui scopo è mettere in guardia i propri lettori dai rischi derivanti per la stabilità politico-militare e religiosa dell’Impero da un gruppo religioso pugnace, ribelle, alleato con il Califfato e, non di meno, eretico che tra i suoi obiettivi ha quello di estendere il proprio messaggio sino alle province occidentali di Bisanzio, in una terra di recente evangelizzazione: la Bulgaria.

Chi siano questi pericolosi avversari Pietro lo rivela sin dal titolo della sua relazione che è anche una delle sue opere principali: la Storia utile o, per esteso, Storia utile, refutazione e rovesciamento della vuota e vana eresia dei manichei, anche detti pauliciani, redatta in forma di discorso e indirizzata all’arcivescovo di Bulgaria. Testo tramandatoci da un singolo ms. dell’XI sec. – il Vat. gr. 511 – esso espone la storia dei pauliciani tra VII e IX sec. unitamente ai capisaldi della loro dottrina. Il medesimo ms. tramanda, anche in questo caso in via esclusiva, un’altra opera petrina strettamente legata alla Storia utile: le Omelie, appunto. Nel nostro elenco, però, dovrebbe figurare anche una terza opera: l’Epitome o Dell’umile monaco e igumeno Pietro intorno ai pauliciani anche detti manichei. Nel suo autore, Pietro Igumeno, una parte della critica riconosce proprio Pietro Siculo ma il dato è incerto. A sostenerne l’identità sarebbe il fatto che l’Epitome tratti, seppur in modo breve e stringato, i temi e le vicende affrontate nella Storia utile ma ciò non basterebbe. L’Epitome ci è nota anche da altri mss. e le piccole eppur significative discrepanze con la Storia utile hanno indotto alcuni studiosi a ritenerla un testo più antico, di un anonimo autore attivo ai tempi dell’imperatore Teofilo (829-842), e solo in seguito attribuito a Pietro Siculo – che se ne sarebbe servito – in virtù della comunanza di contenuti.

Chi fossero i pauliciani lo vedremo a breve, intanto è bene ricordare che della vita di Pietro Siculo conosciamo, invero, solo i particolari sopra esposti. Rivelatici dalle sue opere e, insieme a loro, dalla tradizione manoscritta che le riguarda. Quindi, a parte l’origine geografica indicataci dal suo stesso nome, redigere una vera e propria biografia di Pietro è un’operazione complessa che influisce anche sul suo corpus letterario. Certo, ciò non ha impedito tentativi di identificazione con alcuni suoi omonimi contemporanei o ancora di considerare verosimili se non fededegne le parole del nostro autore e quel poco che egli ci dice su di sé. Ma, non per questo, la peculiare vicenda petrina smette di far discutere.

Alcuni ritengono la sua missione una cornice narrativa, un’invenzione letteraria e che Pietro abbia redatto le sue opere rimanendo a Costantinopoli, lavorando su testimonianze scritte e orali (in entrambi i casi di provenienza pauliciana). Ma, fatta salva l’ipotesi di un viaggio “a metà”, con un Pietro che non avrebbe mai aggiunto Tefriche limitandosi a svolgere il proprio compito lontano dalla città e raccogliendo informazioni tra gli abitanti della zona, nuove letture ribaltano quasi del tutto le ricostruzioni precedenti. Ecco allora profilarsi l’immagine di un autore operante diverso tempo dopo le date “classiche”, nel corso del X sec. e alla corte dell’imperatore Costantino VII Porfirogenito (913-959) che, nipote di Basilio I, si sarebbe trovato a dover affrontare a sua volta una minaccia pauliciana tra il 934 e il 956. Egli avrebbe fatto uso di fonti precedenti – come la sopra ricordata Epitome – assemblandole in una narrazione nuova, ma dalla patina antica, usando, forse, uno pseudonimo.  Come intuibile, la ricerca biografica su Pietro Siculo è ancora aperta a nuove indagini.

Un movimento “in viaggio”. Il Paulicianesimo tra l’Armenia e Bisanzio

 Il Paulicianesimo fa la sua apparizione nell’Asia Minore bizantina sul finire del VII sec. provenendo dalla natìa Armenia dove fonti locali paiono alludervi già nel secolo precedente. Lo stesso nome del movimento è di incerta origine, ora connesso al nome di un eretico armeno di nome Paolo se non al vescovo adozionista Paolo di Samosata (260-272). Pietro Siculo, nella sua Storia utile, parla di due fratelli, Paolo e Giovanni, figli di una donna manichea, Callinice, e responsabili della diffusione del Manicheismo nella regione di Samosata (o Arsamosata) in Armenia II. Sarebbero stati loro, conclude, a diffondere il seme dell’eresia manichea che più tardi, in loro onore, avrebbe preso il nome di Paulicianesimo. Una spiegazione nella quale discernere realtà storica e leggenda appare difficile. Ecco allora che quella più plausibile potrebbe essere la più “semplice”. I pauliciani, infatti, mostrarono sempre una spiccata propensione per Paolo di Tarso, tanto da identificarsi come novelli seguaci dell’apostolo, del suo pensiero e dei suoi scritti.

In un alternarsi di periodi di pace e persecuzioni da parte delle autorità bizantine, il Paulicianesimo riuscì a organizzarsi in diverse comunità, sparse tra Costantinopoli e l’Asia Minore le quali, almeno idealmente, si riconoscevano in guide spirituali e carismatiche dette maestri (didaskaloi) usi a mutare nome, una volta in carica, scegliendoli tra quelli dei discepoli dell’apostolo Paolo. Tra la fine del VII e la seconda metà del IX sec. se ne annoverano sei con una cronologia ancor’oggi indiziaria. Di questi, Sergio-Tichico (807-834/835 ca.) è forse il più illustre. Strenuo viaggiatore e missionario, è sotto la sua guida che il Paulicianesimo si espande ma conosce anche scismi interni e la fuga verso il Califfato per sfuggire alle persecuzioni, ora più severe, degli imperatori d’Oriente. Si delinea così una nuova fase del movimento che, alla morte di Sergio, vira verso un’organizzazione di tipo militare, facendo di Tefriche la roccaforte e la capitale di un piccolo “stato” protetto dall’autorità abbaside e minacciando da presso Bisanzio e i suoi confini. In questo contesto andrebbe a situarsi la missione di Pietro Siculo

Ma restano ancora delle domande alle quali rispondere: cosa professavano i pauliciani? Che peso aveva il Manicheismo nel loro credo? Quali le strategie impiegate da polemisti come Pietro Siculo?

A tali questioni risponderemo nei prossimi posts.


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